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Libretto per un’Italia come la Svizzera

Paolo Bonacchi

UNIONE FEDERALISTA

PER UN’ITALIA FEDERALE

come la Svizzera

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Questo piccolo libro è nato dal desiderio di verificare se in Italia  esistono,  oppure no, le condizioni per chiedere ai cittadini se sono favorevoli alla legittimazione popolare delle leggi al fine di cambiare l’attuale sistema di governo, passando dallo Stato sovrano accentrato a libera Federazione di individui e di popoli diversi.
Chi crede sinceramente che questo possa essere utile e vantaggioso per tutti lo condivida facendolo conoscere agli amici.
Considerata l’attuale drammatica situazione di incertezza e di instabilità sociale dell’Italia, crediamo che per avere una minima possibiltà di cambiamento del sistema di governo centralizzato fondato sulla dittatura della rappresentanza ingegrale, sia necessario:

  1. a) essere consapevoli che per la scienza la realtà di tutto ciò che è parte dell’Universo conosciuto si crea spontaneamente DAL BASSO e NIENTE può essere creato o imposto DALL’ALTO, come siamo abituati a pensare e a fare;
  2. b) essere consapevoli di cosa sia la “socialità” che la scienza della moderna sociobiologia indica come “… l’insieme dei processi e delle proprietà utili alla vita sociale”[1];
  3. c) essere consapevoli che lo Stato è una creazione artificiale, un’ipotesi arbitraria di governo della società, posta a priori e IMPOSTA dall’alto con la forza, con il segreto, con la menzogna e con l’inganno;
  4. d) essere consapevoli che in Italia, per ottenere il cambiamento del sistema politico da Stato a Federazione è necessario unire le persone, i partiti, i piccoli gruppi, i movimenti e le associazioni autonomiste e indipendentiste che aspirano a creare una Repubblica veramente Federale che rappresenti l’ ”idem sentire” dell’Autogoverno di individui,di comunità e di popoli uniti nella libertà e nella diversità, “lasciando ognuno padrone a casa propria”.
    e) essere pienamente consapevoli che non si possono risolvere i problemi usando lo stesso modo di ragionare (lo Statalismo) che li ha creati.

 

La conoscenza di queste semplici osservazioni ci permetterà di agevolare il confronto politico pubblico fra gli statalisti che vogliono vivere accettando per l’eternità la tirannia dello Stato centralista, e i federalisti che credono nella spontaneità dell’autogoverno e nella “Democrazia diretta” prevalente su quella “rappresentativa”.

Nelle attuali condizioni di fallimento del sistema politico italiano dobbiamo avere la capacità e il coraggio di svegliarci dall’oblio della nostra secolare schiavitù e cercare di comprendere che abbiamo ceduto allo Stato giacobino le redini della nostra esistenza, senza mai chiederci cosa esso sia storicamente, chi lo rappresenta e come si comporta nella realtà della vita sociale.

Rari, purtroppo, sono i cittadini consapevoli che prima del 1450-1520, la parola “Stato”, per indicare l’organizzazione politica ed economica di un popolo stanziato stabilmente su un territorio, non esisteva; esistevano le polys greche e le civitas romane.

La parola Stato fu introdotta da Machiavelli proprio all’inizio della sua opera più famosa, Il Principe[2], con queste parole:

 

Tutti gli Stati, tutti i dominii, che hanno avuto ed hanno imperio

sopra gli uomini, sono stati e sono repubbliche o principati.

 

Il tentativo di Machiavelli, analogo a quelli di altri studiosi della sua epoca, era originariamente inteso a giustificare a priori il potere assoluto e l’autorità del Principe, del Re, di un dittatore o della Chiesa per liberare il popolo dal disordine, dalla corruzione, dalla menzogna e dalla violenza; un problema inerente al potere di governo ancor oggi  irrisolto. Tuttavia Machiavelli aggiunse che:  …

Un nuovo sistema ha per nemici la paura e l’incredulità degli  uomini, che non si fidano di cose nuove se non hanno  esempi concreti a cui riferirle.

 

Eppure noi sappiamo che a proposito dello “Stato” Luigi XIV° (Re sole, 1638–1715) Re di Francia noto per aver instaurato una monarchia assoluta per diritto divino, accentrando i poteri dello Stato nella propria persona, ha potuto tranquillamente affermare:

 

 … lo Stato sono io, nella mia persona soltanto risiede il potere sovrano ed è unicamente da me che le corti derivano la loro esistenza e la loro autorità. (…) a me unicamente appartiene il potere legislativo (…) i diritti e gli interessi della nazione sono necessariamente inscindibili dai miei e possono risiedere solo nelle mie mani,

 

seguito a ruota sia da Napoleone I° (1769–1821) la Costituzione sono io, sia dalla Democrazia che non potendo tradire in toto la sua origine nella volontà popolare della maggioranza e nell’uguaglianza politica delle condizioni di tutti i cittadini, ha permesso che lo Stato si organizzasse artificialmente nel tempo presentandolo come persona giuridica immaginaria e imponendolo dall’alto con la forza, introducendo nelle istituzioni di governo l’idea pericolosa della “rappresentanza”, che nei fatti ha sempre NEGATO apertamente le regole della vera Democrazia in quanto Governo del popolo, dal popolo per il popolo.[3]
Per mezzo dello Stato imposto dall’alto, siamo così pervenuti, nei secoli recenti, a terribili guerre con centinaia di milioni di morti innocenti, immensi sacrifici e, oggi, allo sfruttamento della maggior parte della ricchezza prodotta dai lavoratori e dagli imprenditori con una tassazione crescente, spietata e ingiustificata imposta dallo Stato sovrano per la sua sopravvivenza.

Ma, fenomeno sociale inspiegabile, davanti a questa osservazione   per molti lo Stato è ancor oggi una strana ed instabile condizione della società, un’ancora di salvezza per tutti i problemi sociali.

Considerato dai più come qualcosa di cui non si può fare a meno, oggetto di diffidenza e male necessario, lo Stato viene quotidiana- mente sacralizzato dall’informazione di regime che in cambio riceve  consistenti finanziamenti e privilegi.

Questo ha permesso nel tempo al grande capitale parassitario incarnato nei giochi di potere della politica di creare, attraverso la “rappresentanza integrale”, i partiti, la burocrazia e una magistratura per buona parte dipendente dalla massoneria: un sistema sociale in cui la Democrazia è ridotta a una forma di dispotismo istituzionale, culturale e fiscale gestito dai partiti e dai sindacati, posti sotto la direzione e la protezione della grande finanza bancaria mondialista.
In queste condizioni non c’è voluto molto ai politicanti di regime per illudere il popolo che sia conveniente e utile per tutti negare la Sovranità dei cittadini sui fatti certi, conosciuti, limitati e concreti che li riguardano direttmente. Il tutto senza tener minimamente in considerazione che questo comportamento politico viola apertamente sia le regole mediante le quali la natura ordina da miliardi di anni dal basso l’organizzazione delle società animali che crea, sia la nostraa Costituzione frutto dell’esperienza sociale maturata nei secoli.

Tuttavia il processo storico-evolutivo legato sia alla crescita esponenziale della complessità dei rapporti interpersonali e delle istituzioni di governo, sia alle recenti scoperte della scienza e alla relativa tecnologia delle informazioni, ha cominciato ad anticipare una nuova logica di cambiamento evolutivo dell’attuale sistema istituzionale statalista.
Infatti dal fallimento dello Stato italiano sta emergendo un nuovo modo di creare le istituzioni di governo, più aderente alle regole che la natura adotta per organizzare le società animali che crea: un sistema basato sulla consapevolezza sempre più diffusa che con la Democrazia “diretta” i cittadini possono disporre di una quantità di potere legislativo (sovranità) “prevalente” rispetto a quella della Democrazia “rappresentativa”. In questo modo la “legge” che regola i rapporti politici ed economici fra cittadini e fra questi e le loro istituzioni diventa il contenuto di un “patto”, o meglio di un “contratto politico” di reciprocità e di garanzia vantagggioso e utile per tutti, perché lasciando le cose come stanno …

 

I potenti avranno sempre bisogno dello Stato, per controllare il mondo innanzitutto, e anche perché costi e rischi siano assunti dalla collettività.[4]  …

 

…  e niente cambierà rispetto al passato.

Non sappiamo quanto tempo occorrerà perché i mezzi di comunicazione di massa si occupino del modello di governo Federale  in modo serio, smettendola di farlo conoscere attraverso l’ipocrisia del federalismo fiscale che mette il carro (il fisco e ) avanti ai buoi (la forma di governo federale), o del decentramento confuso con la decentralizzazione e altre amenità infantili e grottesche, come il federalismo calato dall’alto oppure quello regionale.

Di sicuro è una grande illusione pensare che il federalismo, come forma di governo, si possa affermare su tutta la Terra in tempi brevi.

Tuttavia non dovrebbe interessare se questo avverrà fra dieci, cento o mille anni, perché la natura non offre alternative possibili alla scelta fra evoluzione e progresso dei sistemi sociali naturali da un lato e la loro degenerazione e fallimento dall’altro. È probabile che nel futuro molti si riconosceranno nelle parole di Daniel J. Elazar considerato tra i massimi esperti mondiali della materia, che ha scritto:

 

Dato che il federalismo si basa sul concetto di patto, la sua importanza è affine da un lato al concetto di “legge di natura” nella definizione della giustizia e dall’altro a quella di “diritto naturale” come fondamento delle origini e della giusta considerazione della società politica.[5]

 

Per questa ragione molto probabilmente non dovremo aspettare migliaia di anni per veder realizzato il sistema federale planetario a partire dalle prime unità federate.

Di certo c’è solo che molti di noi non vedranno neppure l’avvio di questo straordinario processo di cambiamento sociale.

Tuttavia crediamo che per avviare l’era delle federazioni basterebbe la volontà e la determinazione di alcune migliaia di individui capaci di ignorare la civiltà costruita sulla base delle idee artificiali di potere, di predazione, di dominio, di spoliazione e di onnipotenza incarnate nello Stato, disposti ad affidarsi all’innata socialità e alla cooperazione spontanea e mutualistica alle quali il sistema di governo federale si richiama.

 

… tutto annuncia che i tempi sono cambiati e che, dopo la rivoluzione delle idee, deve arrivare, come conseguenza legittima, la rivoluzione degli interessi. Il ventesimo secolo aprirà l’era delle federazioni, oppure l’umanità ricomincerà un purgatorio di mille anni.[6]

 

Per questa ragione molto probabilmente non dovremo aspettare millenni per vedere realizzata la diffusione del sistema di governo partendo dalle prime unità federali.

Per il momento sarebbe necessario trovare gli enzimi culturali ed i mezzi finanziari in grado di costituire, organizzare e moltiplicare la nascita e la diffusione di piccole Comunità autogovernate per aprire l’Era delle federazioni immaginata da Proudhon e avviare la conquista sociale della Terra da parte di uomini liberi, consapecoli e responsabili davanti alla vita delle future generazioni, eliminando per sempre l’idea di Stato accentrato basato sulla democrazia rappresentativa integrale come in Italia e in molti altri Paesi.

In vista di questo passaggio, come cittadini liberi abbiamo il dovere di diventare conspevoli di cosa è veramente lo Stato.
Ebbene, noi crediamo che la più lucida definizione del concetto di “Stato” come ipotesi, teoria, filosofia di un sistema di governo della società umana, sia quella data da Frédéric Bastiat (1801-1850), economista e filosofo politico francese, pubblicata con queste parole nel Journal des Débats il 25 settembre 1848[7]  col titolo “Lo Stato”:

 

 “Io vorrei che si istituisse un premio, non di cinquecento franchi, ma di un milione di franchi, con attribuzione di corone d’alloro, croci al merito e nastrini, per premiare colui che offrirà una definizione buona, semplice e intelligente di questo termine: lo Stato. Quale immenso servizio non sarebbe reso alla società! Lo Stato! Che cos’è? Dov’è? Cosa fa? Cosa dovrebbe fare? Tutto quello che noi sappiamo, è che è un personaggio misterioso, e certamente il più sollecitato, il più tormentato, il più indaffarato, il più consigliato, il più accusato, il più invocato e il più incitato che ci sia al mondo. … Essendo certo che, da una parte, noi tutti rivolgiamo allo Stato molte richieste, e che, dall’altra parte, è assodato che lo Stato non può procurare il godimento agli uni senza accrescere il lavoro degli altri, in attesa di un’altra definizione dello Stato, mi ritengo autorizzato a fornire qui la mia. Chissà che essa non ottenga il primo premio? Eccola:


Lo Stato è la grande finzione attraverso la quale tutti
cercano di vivere alle spalle di tutti gli altri
.”

 

Infatti, oggi come ieri, chi più chi meno, ognuno vorrebbe trarre vantaggio dal lavoro degli altri. Questa inclinazione non si ha il coraggio di mostrarla apertamente, la si nasconde anche a se stessi, e allora che cosa si fa? Ci si immagina un intermediario, ci si rivolge allo Stato.”

 

Per queste ragioni riteniamo necessario far venire allo scoperto gli statalisti, ovvero i rappresentanti dei partiti, i grandi burocrati di regime, i filosofi, le istituzioni bancarie, la massoneria e le alte cariche della magistratura, che hanno interesse NEGARE sia l’appartenenza, sia l’esercizio della Sovranità popolare, quale fondamenti della  Democrazia diretta incarnata nel potere deliberativo primario dei cittadini agli effetti della formazione e dell’applicazione delle leggi che riguardano tutti.

Infatti ciò che costituisce l’essenza e il carattere del contratto politico  o di  federazione è che Cittadini, Comuni, Regioni e Federazione, non solo si obbligano bilateralmente e reciprocamente gli uni verso gli altri, ma si riservano individualmente nel dar vita alle leggi più diritti, libertà e proprietà di quanta ne cedono ai rappresentanti, alla burocrazia e alla magistratura.
A nostro parere la via stretta del cambiamento dell’ordine sociale dall’ipotesi del sistema Stato alla realtà del sistema Federazione, dovrebbe essere legittimata e garantita da tre elementi concreti, quali dominanti primari nella Costituzione e nella produzione delle leggi e dei regolamenti. Questi elementi sono:

 

  1. 1. Esercizio diretto della Sovranità degli individui e dei popoli;
    2 . Referendum deliberativi di iniziativa popolare senza quorum;
  2. Modello Federale delle istituzioni di governo il più possibile

      aderente al modello costituzionale federale della Svizzera.

 

Noi crediamo che su questi tre principi si possa fondare pacifica-  mente il cambiamento del modo di organizzare l’ordine sociale, passando dall’ancien régime (lo Stato sovrano assoluto), a libera Federazione di cittadini e di popoli sovrani in grado di  organizzare consapevolmente il sistema di governo secondo regole dagli stessi create, condivise e legittimate a misura della coscienza e della reciprocità degli interessi.

Considerati gli attuali gravissimi problemi di ordine politico, economico, giuridico e morale prodotti in Italia dall’idea di Stato sovrano accentrato, crediamo che sarebbe vantaggioso e utile per tutti modificare l’art. 1° della Costituzione secondo la logica del sistema contrattuale-federale della Svizzera, come di seguito proposta:                                                                                                                                                    

 

Costituzione federale della Repubblica italiana

 

Art. 1°- Principi fondamentali:

1 – L’Italia è un Repubblica democratica federale composta dalle seguenti Regioni sovrane, autonome e indipendenti:

Valle d’Aosta, Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna.
2 – La Sovranità, in quanto potere legislativo primario, appartiene al popolo che la esercita mediante l’istituto giuridico dei Referendum deliberativi-legislativi di iniziativa popolare.

3 – I Comuni e le Regioni sono sovrani per quanto la loro sovranità non sia limitata dalla Costituzione federale ed esercitano tutti i diritti dagli stessi non delegati alla Federazione.
4 – Nell’assegnazione e nell’adempimento dei compiti istituzionali deve essere osservato il Principio di sussidiarietà.

5 – La Federazione italiana tutela la libertà e i diritti dei popoli che la compongono e salvaguarda l’indipendenza e la sicurezza del Paese.

 

Una volta cambiato l’articolo 1° della Costituzione come sopra proposto, infatti, i cittadini sovrani, disponendo degli strumenti giuridici di autogoverno quali sono il referendum deliberativo-legislativo e il Principio di sussidiarietà per i quali il governo della Comunità nasce dal basso, adeguerebbero progressivamente l’intera Costituzione e le leggi alla reciprocità delle loro scelte di vita e di interessi condivisi, volti a preservare la maggiore uguaglianza, la giusta autorità, la giusta libertà, la sicurezza, la stabilità e il bene comune, come è storicamente avvenuto nella vicina Svizzera.

Il primo elemento di una futura federazione della Svizzera fu il “Patto eterno del Grutli” che  risale al 1° agosto 1291.

È considerato il più antico atto costituzionale svizzero. Con questo Patto le Comunità delle valli di Uri, Svitto e Untervaldo si impegnarono ad aiutarsi reciprocamente contro tutti coloro che avessero fatto violenza o torto a uno del Cantoni e a rifiutare la presenza di giudici e legislatori stranieri per mantenere inalterati i rapporti di potere esistenti.

La prima vera Costituzione della Svizzera fu quella entrata in  vigore nel 1798 che ricalcava la Costituzione francese. Questa Costituzione non faceva alcun riferimento ai diritti naturali dei cittadini.
A partire dal 1839 si formarono in Svizzera le prime associazioni di lavoratori e di intellettuali liberali (la società del Grutli) che dopo un lungo travaglio di idee e la guerra del Sonderbund[8] fra cattolici e protestanti, portarono all’approvazione di quella che è oggi considerata la prima Costituzione federale della Svizzera (1848).

Con questa Costituzione e quella successiva del 1874 la Svizzera passò definitivamente da una Confederazione di Cantoni a una Federazione. Il testo di questa Costituzione, approvata dai popoli dei Cantoni, fece della Svizzera un’isola di democrazia e di libertà nel cuore dell’Europa delle monarchie e degli Stati assoluti dell’anciene régime e avviò il passaggio della Democrazia da rappresentativa a semidiretta. Questo consentì la riconciliazione fra i cattolici del Sunderbund e i protestanti. Nel 1891 una nuova revisione della Costituzione federale sottoposta al voto popolare, introdusse il diritto di iniziativa popolare per la creazione e la revisione delle leggi e della stessa Costituzione. La successiva revisione della Costituzione federale risale a un processo di maturazione che dal 1960-1970 portò alla revisione totale del 1999 quando Popolo e Cantoni hanno approvato la Costituzione federale dalla quale è derivata quella attualmente in vigore. Oggi, grazie all’esperienza di Democrazia diretta prevalente su quella rappresentativa ottenuta grazie ai  referendum deliberativi di iniziativa popolare senza quorum maturata in Svizzera a partire dal 1891, abbiamo la possibilità di avviare anche in Italia un processo analogo di cambiamento radicale del sistema di governo, che partendo dallo Stato sovrano assoluto giacobino condiviso ferocemente dai partiti di regime, porti a adottare il sistema di ordine sociale federale della Svizzera con i dovuti adeguamenti, resi necessari dalle differenze di usi, tradizioni e necessità locali e a differenze ambientali e territoriali.

La consapevolezza di questa realistica possibilità potrebbe essere l’occasione che abbiamo per UNIRCI e fare dell’Italia una Federazione di individui e di popoli diversi, ma uniti nella libertà e nella diversità, lasciando ognuno responsabile, consapevole e padrone a casa propria.

 

***

Il ritornello quotidiano del cambiamento

 

Data l’attuale crisi politica, economica e lo sfascio morale del sistema Italia in mano a statalisti che controllano i poteri forti che negano sia la Sovranità popolare, sia i Referendum popolari deliberativi di iniziativa, crescono sempre di più le persone che giungono alla disperata conclusione che per eliminare l’oppressione e lo sfruttamento fiscale dei cittadini da parte dello Stato sovrano accentrato, sia necessaria una rivoluzione di tipo “francese”.

Davanti al collasso politico ed economico del sistema Italia e alle conseguenze devastanti che avrà sulle famiglie e sulle future generazioni, noi crediamo valga la pena ricordare le parole del più grande scienziato del 20° secolo – Albert Einstein – che ha detto:

 

Non si possono risolvere i problemi usando lo stesso modo di ragionare che li ha creati. … Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per quello che hanno combinato i malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e se ne stanno lì a guardare.


Usare “lo stesso modo di ragionare che ha creato i problemi” attuali, significa restare ancorati alla Costituzione catto-massonico-statalista che ha fatto dell’Italia una Repubblica parlamentare dittatoriale, sia escudendo il popolo dalle scelte di governo, sia violando gravemente la fondamentale regola della Democrazia, ovvero la maggiore uguaglianza possibile delle condizioni politiche ed economiche fra governanti e governati.

La presenza di oltre cinque milioni di cittadini al di sotto della soglia di povertà è la prova più evidente e certa dei problemi di iniquità sociale che lo Stato della rappresentanza ha creato nel tempo  tramite i partiti di regime. Ormai è diventato un ritornello popolare: bisogna cambiare, … bisogna cambiare, …, bisogna cambiare; ma nessuno dice “cosa” bisogna cambiare, “chi “deve cambiare  e soprattutto “come” cambiare.

Infatti sembra che in Italia i miserabili giochi metafisici della politica si possano fare solo all’interno del recinto dei “rappresentanti” dei partiti che per oltre settanta anni hanno allegramente permesso di violare il comma 2° dell’art. 1° della Costituzione che stabilisce che la Sovranità appartiene al Popolo.

Il tutto senz’altra giustificazione se non quella di attribuire a priori ai cittadini l’incapacità di autogovernarsi e incitandoli alla mancanza di consapevolezza, all’indifferenza, all’inefficienza, alla superficialità e all’ignoranza de loro diritti naturali.
Ne sono esempi i frequenti i ripetuti inviti rivolti al popolo dai grandi personaggi della politica a non partecipare a diversi referendum, (sebbene avessero solo carattere abrogativo), lasciando ai rappresentanti dei partiti il compito di modificare a piacere le  scelte dalla maggioranza popolare.

Purtroppo di riconoscere che esistono modelli di ragionare diversi e alternativi all’attuale sistema “Stato sovrano”, quasi nessun politico, giornalista, cattedratico o studioso si è mai minimamente occupato.
Non è facile, per un cittadino comune che dalla nascita è abituato   all’idea sacralizzata e fossilizzata dello Stato sovrano accentrato, comprendere le ragioni per le quali i cittadini sono costretti a cedere ai propri rappresentanti TUTTA la Sovranità che appartiene a ogni individuo per diritto naturale, invece che LA PARTE MINORE.

Eppure questa sola opportunità creerebbe una vera e propria alternativa al sistema Stato come attualmente concepito, creando una  Federazione che si basa sulla democrazia diretta prevalente su quella rappresentativa come in Svizzera.

Da parte nostra, come federalisti, crediamo che ci siano tre modi di concepire la legge nell’ordine sociale a seconda del punto di vista in cui si pone l’individuo morale e la qualità che assume come credente, come filosofo o come cittadino.

La legge è il comandamento intimato all’uomo in nome di Dio da un’autorità suprema: è la definizione della teologia e del diritto divino.

La legge è l’espressione del rapporto delle cose; è la definizione del filosofo, data da Montesquieu.

La legge è lo statuto arbitrale della volontà umana; è la teoria del contratto politico o di federazione.[9]

Essendo una la verità, benché di aspetto variabile, queste tre definizioni rientrano l’una nell’altra e devono essere guardate in fondo come identiche. Ma i sistemi sociali che generano non sono gli stessi; per la prima, l’uomo si dichiara suddito della legge e del suo autore o rappresentante; per la seconda si riconosce come parte integrante di un vasto organismo; per la terza, il cittadino fa sua la legge e si libera da ogni autorità, fatalità, imposizione e dominazione. La prima formula è propria dell’uomo religioso; la seconda del panteista, la terza del repubblicano.

Soltanto quest’ultima è compatibile con la  libertà.[10]

 

Si tratta dunque di conquistare la consapevolezza dell’utilità e della convenienza, o meno, di “alienare tutta la sovranità” (Rousseau) delle scelte politiche ed economiche a uno o a pochi rappresentanti, come prevede l’idea giacobina dell’assolutismo statale, o se sia più utile e vantaggioso per tutti conservare agli individui la parte maggiore della Sovranità come loro diritto naturale proprio della Federazione.

 

 

 

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  In vista del futuro   

 

 

Noi crediamo  che da quello che oggi facciamo dipenderà il   mondo del 2050. Da come ci comportiamo politicamente, economicamente, culturalmente e spiritualmente, dipenderà il fatto che i nostri figli e i nostri nipoti possano vivere nella consapevolezza di possedere gli strumenti giuridici per regolare i loro rapporti politici ed economici e costruire insieme un mondo migliore, o che ci malediranno a causa dei nostri errori, del nostro egoismo, della nostra indifferenza e del modo in cui nel passato abbiamo scelto di concepire le 150.000 leggi in vigore tramite i rappresentanti.
Questo ci ha ha confermato quanto sostenuto dal compianto prof. Gianfranco Miglio, grande scienziato della politica, che nel 1979, in una intervista rilasciata al settimanale L’Espresso, sostenne che:

“… studi recenti permettono ormai di scorgere le radici naturali delle fondamentali regolarità a cui obbedisce il comportamento politico ell’uomo”.

 

Nello studio dei sistemi sociali del vivente, infatti, le regolarità sono indicate come manifestazioni spontanee delle Leggi naturali e possono essere osservate, indagate e verificate sperimentalmente dalle scienze della complessità, del caos e dell’emergenza[11], in relazione soprattutto all’ordine, ai vantaggi, agli svantaggi, alla reciprocità all’utilità, alla durata, all’efficienza, alla sicurezza, alla stabilità dinamica che il sistema sociale adottato determina progressivamente.

Tutti ormai sanno che in Italia la classe politica è autoreferenziale nel senso che concepisce il governo come sacra incarnazione ideologica o fideistica della politica, secondo la convenienza primaria dei partiti di regime.

Nel sistema di ordine sociale italiano, infatti politici, magistrati, sindacati, alta finanza, burocrazia, massoneria e chiesa, negando o ignorando l’esercizio diretto della Sovranità popolare agli effetti della produzione e legittimazione delle leggi da parte del popolo (tutti i cittadini), hanno praticamente in mano il monopolio dell’ordine sociale che è politico, economico e anche religioso.

Ebbene, questo modo di governare la società ha causato in poco tempo la chiusura di un numero altissimo di aziende e ha comportato migliaia di suicidi di imprenditori e di lavoratori a causa della tassazione stratosferica criminale che ha prodotto povertà e miseria per oltre 5 milioni di cittadini lasciati per decenni nell’ignoranza dei loro diritti naturali e abbandonati al loro destino, mentre il 10% della popolazione italiana possiede oltre il 50% della ricchezza nazionale.
Per l’insieme di queste ragioni l’Unione Federalista crede che in politica i cittadini debbano avere il diritto naturale inviolabile, inalienabile e imprescrittibile di essere Sovrani delle loro scelte politiche, economiche e spirituali che li riguardano, a tutti i livelli istituzionali.

In vista di questo obbiettivo i promotori dell’Unione federalista hanno condiviso e sottoscritto questa “iniziativa” vota a rendere consapevoli i cittadini  italiani, di qualsiasi colore politico essi siano, che:

 

“La Sovranità popolare e i referendum deliberativi e legislativi di iniziativa senza quorum, permettono agli aventi diritto al voto di affermare negli Statuti dei Comuni, della Regione e nella Costituzione italiana, che la Sovranità appartiene al popolo e non può essere alienata, limitata, violata o disattesa dai rappresentanti eletti nelle istituzioni. Il popolo può sempre delegare ai rappresentanti la parte minore della sua sovranità, ma deve sempre restare libero di modificare le regole della delega”.

 

In questo modo la Democrazia rappresentativa verrebbe bilanciata dalla Democrazia diretta e questa sarebbe comunque prevalente sulla prima, obbligando i rappresentanti, che in politica sono i dipendenti dei cittadini e non i loro padroni, a rispettare gli interessi e le aspettative di vita della maggioranza degli aventi diritto al voto.

Questo, a parere dell’Unione federalista, offrirebbe la GARANZIA costituzionale efficace agli effetti del rispetto della Costituzione e delle leggi, senza i LIMITI all’art. 1° comma 2° relativo alla Sovranità del popolo, imposti dittatorialmente dai partiti del regime repubblicano-rappresentativo.

 

 

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La Democrazia e il Diritto di rivolta dei cittadini contro lo Stato: discussione all’Assemblea costituente

 

4-5 dicembre 1947.

 

A distanza di circa 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione italiana, possiamo sostenere serenamente che la Democrazia, come forma di governo indicata nella Costituzione Repubblicana e democratica entrata in vigore il 1° gennaio 1948, non esiste.

Infatti la Sovranità popolare, come più volte riportato, è stata di fatto limitata dai partiti e irresponsabilmente confinata nella cermonia delle elezioni dei rappresentati nel solo giorno del voto, mentre per i rimanenti 364 giorni ha scarso o nessun significato per i cittadini.
La Democrazia italiana è tutta qui.
Come può essere altrimenti se stampa e televisione non fanno altro  che parlare della Sovranità dello Stato, della Sovranità dell’Europa, della Sovranità della moneta, della Sovranità delle istituzioni,  della Sovranità del debito pubblico, della Sovranità della magistratura, ecc., mentre della Sovranità primaria del Popolo agli effetti della Democrazia nessuno parla?

In queste condizioni è ovvio che i rappresentanti dei partiti potranno continuare a negare senza pudore l‘esercizio diretto della Sovranità da parte dei cittadini sui FATTI concreti e conosciuti che li riguardano. C’è tuttavia da chiedersi come ciò sia potuto accadere.

È cosa nota che subito dopo la guerra la maggioranza dei deputati all’Assemblea costituente non ritenne maturo il popolo italiano per la Democrazia, poiché aveva condiviso e sostenuto a maggioranza il regime fascista che, essendo una dittatura, la negava pubblicamente giudicandola inadatta ai tempi e alle circostanze.

Per questa ragione, successivamente alla sconfitta del regime fascista che costò al popolo italiano circa mezzo milione di morti, il potere legislativo-deliberativo delle leggi fu confinato nella rappresentanza integrale e nel Parlamento, nel tempo divenuto bivacco dei partiti che hanno portato alla povertà milioni di cittadini, creando incessante- mente nuove tasse, nuovi sprechi, una burocrazia e una magistratura privilegiate e inefficienti legate ai partiti e ai sindacati di regime.

Tuttavia, se l’immaturità del popolo poteva essere comprensibile nei tempi immediatamente successivi alla fine della guerra a causa delle forti tensioni politiche alle quali il Paese era soggetto, i costituenti avrebbero dovuto prevedere anche meccanismi per un futuro cambiamento della Costituzione per poterla adattare ai tempi, alle nuove circostanze e alla crescente complessità del sistema sociale che nei decenni successivi, a causa dello sviluppo della tecnologia e dei sistemi delle informazioni, si dimostrò molto diverso da quello dell’immediato dopoguerra.

Ciò detto resta ancora da chiarire come ciò sia realmente accaduto.

Lungi da noi l’idea di demonizzare l’esistenza dei partiti che in Democrazia hanno “il compito importante di partecipare alla formazione dell’opinione e della volontà popolare” (cost. Svizzera, art. 137). Tuttavia siamo costretti a osservare che lo strumento giuridico per esercitare il diritto-dovere alla resistenza civile contro la violazione dei diritti naturali e delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite, doveva essere previsto e garantito in modo specifico nella nuova Costituzione Repubblicana e democratica.

Certamente non tutti i costituenti furono proni al potere dei nascenti partiti, della massoneria e della Chiesa. Alcuni mostrarono lealtà ed onestà verso il popolo italiano; tuttavia dobbiamo oggi osservare che furono una netta minoranza.

Lo dimostra la storia dell’articolo 50 del “Progetto di costituzione, votato all’unanimità e proposto all’Assemblea costituente per la definitiva approvazione della Commissione dei 75, discusso in aula il 4 e 5 dicembre 1947.

Questo il testo proposto dalla Commissione dei 75:

 

Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la Resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino.

Per permettere di comprendere lo spirito della proposta alla luce di quanto avvenuto nei decenni successivi, riportiamo alcune parti significative del dibattito avvenuto il 4-5 dicembre 1947 all’Assemblea costituente, che ebbe uno sconcertante risultato.

 

Dall’intervento dell’On. Mastino Pietro: Il cittadino ha l’obbligo di difendere contro ogni violazione le libertà fondamentali, i diritti garantiti dalla costituzione e l’ordinamento dello Stato. Lo stesso codice fascista lo ammetteva (il “Diritto all’insurrezione”) ripetendo un concetto già affermato nell’art. 199 del Codice Zanardelli.  Non è, quindi, in discussione il diritto di resistenza dell’individuo verso i soprusi esercitati a suo danno. Si tratta di un diritto da trasportare dall’individuo alla collettività. … Il codice attualmente in vigore, mi si consenta questo accenno, stabilisce lo stesso concetto; lo stabilisce anzi in termini più lati, in quanto l’art. 51 riconosce e fissa un concetto di legittima difesa che non si riferisce soltanto ai diritti della persona o – in certi casi – alla difesa della proprietà, sebbene ai diritti in genere. Si tratta ora di portare questo concetto nel campo del diritto costituzionale. Oltre a questo profilo giuridico vi è però una ragione morale, per cui lo Statuto acquisterà di importanza quando si sarà stabilito l’obbligo del cittadino di difendere i diritti fondamentali, ma nell’interesse dello Stato e della collettività tutta.

Dall’intervento dell’on. Rossi Paolo: La pretesa di giustificare legalmente l’insurrezione, come si vorrebbe, è infantile. La rivolta contro i pubblici poteri è giudicata, giustificata o condannata volta a volta dal successo o dall’insuccesso. … Non inseriamo disposizioni ingenue; salviamo la serietà del nostro testo statutario. O rimarremo nella intrinseca legalità costituzionale, e la Corte della garanzie funzionerà contro errori ed abusi, oppure la Costituzione da un lato o dall’altro, sarà fatta a brani con la violenza; e purtroppo allora la parola della legge non sarà più efficace.

Dall’intervento dell’on. Nobili Tito Oro: Sono spiacente, onorevoli colleghi, di trovarmi in così profondo disaccordo con l’onorevole Rossi. La legittimazione della Resistenza opposta alla violazione dei diritti garantiti dalle Costituzioni non è una novità creata dall’ingegnosità capricciosa della Commissione e sostenuta dalle correnti estremiste dell’Assemblea per spirito fazioso o magari soltanto demagogico. Che a sostenere, nel momento in cui si trova investita dalle correnti antiliberali o pseudo-liberali, la disposizione del secondo comma dell’art. 50, non si ritrovino oggi nemmeno coloro che ne furono gli autori e che la proclamarono e la fecero approvare in sede di Commissione, può essere prova delle considerazioni di opportunità e di convenienza che orientano mutevolmente, in relazione ai mutevoli momenti della vita politica, le altre parti dell’Assemblea; ma non è certamente prova dell’insostenibilità giuridica del principio che la disposizione afferma. Il diritto di resistenza all’arbitrio fu rigorosamente consacrato nel diritto pubblico inglese fin da quando l’Inghilterra, dopo la memorabile sua rivoluzione, conquistò le libertà politiche (Loch, Algermon, Sidney, Milton, ecc.). E la costante tradizione inglese osservò il principio della limitata obbedienza, della quale era corollario il diritto di resistenza, anche collettiva, all’arbitrio degli organi del potere. La resistenza non è un’aggressione e tanto meno una rivoluzione; essa è una difesa. Perché astenersi dall’insegnare al popolo che questa difesa, in situazioni eccezionali, sarebbe non tanto legittima ma doverosa?…..s’intende che la legittimazione della resistenza trova la condizione limite nella perpetrazione da parte dei pubblici poteri di un eccesso, di un abuso, di un sopruso. L’essenziale è che le proclamazioni dei principi di libertà e di giustizia e dei diritti politici non restino una lustra beffarda e che nella Costituzione si stabilisca almeno la più elementare delle sanzioni per il caso che i pubblici poteri abbiano a manometterli e a farne scempio.

Dall’intervento dell’on. Gullo Fausto: A me pare che nella nuova Costituzione noi dobbiamo affermare il diritto del cittadino a ribellarsi all’arbitrio e alla tirannia. Noi non legalizziamo così la rivoluzione, perché, on. Rossi, se noi muoviamo da questa premessa, si deve andare anche più in là del suo insegnamento. Ma quale Costituzione ha mai fermato un popolo dal conquistare i suoi diritti o un tiranno dal calpestare i diritti stessi? Nessuna Costituzione è riuscita a ciò. E’ un monito che si dà all’autorità. Affermare questo principio non significa altro che dare concreta attuazione a quegli altri diritti che noi abbiamo affermato nella parte generale della Costituzione, i diritti del cittadini, i diritti dell’uomo. Se questi diritti sono violati ed offesi dall’autorità costituita, i cittadini offesi, e come collettività e come singoli, hanno diritto di ribellarsi.

Dall’intervento dell’on. Mortati: Noi abbiamo creato un insieme di garanzie atte a preservare dalla violazione dei diritti anche di fronte ai supremi organi dello Stato … è tradizionale nel pensiero cattolico l’ammissione del diritto naturale alla ribellione contro il tiranno. Ci sono scrittori cattolici che riconoscono la legittimità perfino della soppressione del tiranno. Io ed i miei colleghi di Gruppo riteniamo che non sia opportuno sancire un tale principio nella Costituzione, ed è per questi motivi e con questo significato che dichiariamo di votare per la soppressione dell’art. 50.

Questa la versione reale, parziale ma documentata, di quanto ha portato all’attuale regime dei partiti statalisti.

Infatti, cosa accadde quando l’Assemblea costituente esaminò il testo della proposta per la votazione finale è oggi facile immaginare: fu bocciato! Consapevoli i più che i valori e le affermazioni di principio di Repubblica e Democrazia sarebbero state solo dichiarazioni di buone intenzioni per permettere ai partiti di impossessarsi del potere dello Stato per mezzo del “consenso popolare”; illuso il popolo di contare qualcosa con il vergognoso referendum abrogativo (art. 75 cost.) e con l’inutile iniziativa popolare delle leggi (art. 71); tradita la Democrazia come esercizio del potere primario degli aventi diritto al voto di fare, legittimare o delegittimare le leggi; ingannati i cittadini sulla concretezza della loro effettiva partecipazione alle scelte della vita politica, non rimaneva che impedire una possibile e legittima resistenza popolare contro la violazione, da parte dello Stato, dei diritti naturali e dei Principi fondamentali che la stessa Costituzione avrebbe dovuto affermare e garantire alle comunità locali e a quella nazionale. Lo scopo fu raggiunto in due modi: scrivendo il testo dell’art. 70[12] che conferiva il monopolio delle leggi ai partiti e ai loro rappresentanti riuniti nel parlamento, e silenziando per sempre giornali e TV sui temi della vera Democrazia, del Federalismo, della Sovranità popolare e del suo esercizio diretto da parte degli aventi diritto al voto, finanziando partiti e televisioni con i soldi dei cittadini inermi. Infatti in quasi settanta anni di partitocrazia imperante, i diritti costituzionalmente garantiti sono stati violati numerose volte, mentre i principi affermati nella Costituzione sono stati limitati e disattesi in danno del popolo a favore del potere monopolistico dei partiti di regime, dei clan di interessi, della burocrazia, delle lobby, della magistratura e delle logge che si sono abilmente nascoste dietro il paravento dello Stato sovrano centralizzato.

Abusi di ogni sorta sono stati commessi con tasse e imposte ingiustificate e assurde senza che il popolo, narcotizzato dai partiti e dall’informazione di regime, si alzasse a reclamare con forza gli arbitrii dei politici, del parlamento e della magistratura politicizzata.

Nel tempo, infatti, nessuna resistenza seria è stata o potrà essere tentata per opporsi alle violazioni dei poteri pubblici nei confronti delle libertà fondamentali, mentre i politici hanno continuato a negare al popolo la Sovranità che spetta a tutti i cittadini per diritto naturale. Perché?
Perché – è la risposta – è ampiamente dimostrato  che con gli attuali tipi di Referendum (abrogativo, consultivo e propositivo), il parlamento in mano ai rappresentanti-monopolisti ha sempre avuto l’ultima parola sul risultato finale.

Infatti nessun politico o partito è mai stato neppure sfiorato dalla necessità di garantire la Sovranità popolare come Autogoverno dei cittadini, come avviene in Svizzera.

Agli effetti del cambiamento, pertanto, l’idea dei Referendum di iniziativa popolare senza quorum avente carattere deliberativo, potrebbe essere un enzima sociale ad alto potere eccitatorio di tutti gli elementi, le qualità e i processi nel sistema altamente complesso e confusionario dell’ordine sociale.
La consapevolezza che tutto ciò non possa essere realizzato pacifica- mente e in tempi brevi, non deve trarre in inganno.

Chiunque è in grado di comprendere che “Una lunga marcia comincia con il primo passo”. Questo è il significato delle tre condizioni poste all’inizio, che porterebbero nel tempo l’Italia a una Federazione su modello della Svizzera.

Se non saremo capaci di compierlo i governanti eletti continueranno a essere responsabili della sofferenza e della miseria di milioni di italiani in attesa del fallimento certificato dello Stato.
Ecco, infatti, quanto avviene quando la Sovranità popolare è costituzionalmente limitata e negata e i Referendum deliberativi sono ignorati, come è oggi in Italia:

1 – Con la “Sovranità popolare” i referendum deliberativi senza quorum permetterebbero di riprenderci la vera Democrazia, la nostra libertà, l’iniziativa popolare delle leggi, la maggiore uguaglianza possibile e la dignità di cittadini. Senza, NO!
2 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi possiamo riprenderci la Sovranità monetaria, come è diritto naturale dei cittadini, ceduta dai partiti alle banche private e all’Europa. Senza, NO!
3 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi possiamo scegliere se è conveniente restare o uscire dall’Europa. Senza, NO!
4 – Con la Sovranità popolare e i referendum deliberativi possiamo “revocare” i rappresentanti,  i magistrati, i burocrati immorali, sfaticati, ignoranti o corrotti. Senza, NO!
5 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi possiamo creare “monete locali” alternative all’€uro. Senza, NO.
6 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi i cittadini possono LIMITARE le imposte e le tasse dello Stato, della Regione e dei Comuni sulla base dei minori o maggiori vantaggi in termini di utilità, sicurezza, efficienza dei servizi e stabilità prodotti dal sistema. Senza, NO!
7 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi possiamo scaricare TUTTO, TUTTI dalla dichiarazione dei redditi, come chiaramente recita l’art. 53 della Costituzione completamente disatteso, riducendo decisamente l’evasione fiscale. Senza, NO!
8 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi possiamo disciplinare l’importo minimo e massimo della pensione pubblica in modo che la pensione massima non possa essere superiore al doppio della pensione minima, come in Svizzera. Senza, NO!
9 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi possiamo fare leggi per la regimazione pubblica dell’acqua. Senza, NO!
10 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi i cittadini possono eliminare i privilegi che i loro “rappresentanti”, la magistratura e gli altri gradi della burocrazia si sono auto concessi con la complicità dei partiti e dei sindacati. Senza, NO!
11 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi possiamo limitare la funzione dell’esercito alla difesa della Patria (art. 52 Cost.) e impedire che i soldati vadano in missione all’estero con spese altissime e con risultati quasi inesistenti. Senza, NO!

12 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi possiamo . Senza NO!!
13 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi si potrebbe decidere se vietare o approvare la costruzione della TAV e di altre opere. Senza, NO
14 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi possiamo fare leggi che determinano il rispetto dell’ambiente e proteggono la nostra salute, la nostra vita e quella delle future generazioni. Senza NO!
15 – Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi i cittadini possono limitare la durata massima di un processo in pochissimi mesi come in Svizzera. Senza, NO!
16
– Con la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi i cittadini possono regolare l’ingresso degli immigrati regolari e l’immediato allontanamento dei chiedenti asilo per motivi economici. Senza NO!
17
– Con la Sovranità popolare  e i Referendum deliberativi si potrebbe reintrodurre la legge sul diritto naturale all’unità poderale minima per permettere la costruzione di una casa di abitazione senza la tassazione e la conseguente burocrazia. Senza NO!
18 –
Con la Sovranità popolare e i referendum deliberativi si possono  eliminare le tasse di bollo, le accise sui carburanti, sul riscaldamento e le spese di trasferimento  e bollo annuale delle auto. Senza NO.

19 – Con la Sovranità popolare e i referendum deliberativi si possono introdurre i Bonus Sanità e i Bonus istruzione per creare concorrenza fra pubblico e privato facendo risparmiare allo Stato il 25%. Senza NO.
20 –
Con la Sovranità popolare e i referendum deliberativi si possono  eliminare gli sprechi della pubblica amministrazione il cui costo è pari al doppio dell’evasione. Senza NO.

21 –   Con la Sovranità popolare e i referendum deliberativi possiamo ottenere una efficiente  struttura Federale dell’ordine sociale, politico ed conomico. Senza NO. Ecc.  ecc. ecc..

 

Così i referendum deliberativi di iniziativa popolare ci permette- rebbero nel tempo di organizzare una Costituzione Federale per realizzare quanto è oggetto di un contratto politico (non solo sociale) di reciprocità fra i cittadini e fra i popoli che attualmente formano l’Italia, senza alienare tutta la loro sovranità ma solo la parte minore, perché riteniamo che la maggioranza possa accettare e condividere che governarsi è meglio che essere governati, ovvero di …     essere guardato a vista, ispezionato, spiato, diretto, legiferato, regolamentato, recintato, indottrinato, catechizzato, controllato, stimato, valutato, censurato, comandato, da parte di esseri che non hanno né il titolo, né la scienza, né la virtù. Essere governato vuol dire essere, ad ogni azione, ad ogni transazione, ad ogni movimento, annotato, registrato, censito, tariffato, timbrato, squadrato, postillato, ammonito, quotato, collettato, patentato, licenziato, autorizzato, impedito, riformato, raddrizzato, corretto. Vuol dire essere tassato, addestrato, taglieggiato, sfruttato, monopolizzato, concusso, spremuto, mistificato, derubato, e, alla minima resistenza, alla prima parola di lamento, represso, emendato, vilipeso, vessato, braccato, tartassato, accoppato, iestadisarmato, ammanettato, imprigionato, fucilato, mitragliato, giudicato, condannato, deportato, sacrificato, venduto, tradito, e per giunta schernito, dileggiato, ingiuriato, disonorato, tutto con il pretesto della pubblica utilità e in nome dell’interesse generale.“ (P. J. Proudhon, in  Critica della proprietà e dello stato – Eleuthera).

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Una lezione di civiltà giuridica

Gianfranco Miglio: Articolo pubblicato su Il Sole 24 ore, n° 144, del 27 maggio 1987.

Il Referendum tradito 

“Ora che l’attenzione dei politici viene tutta concentrata sulla contesa elettorale, è forse possibile avanzare qualche considerazione pacata e ragionata a proposito della questione del referendum: una questione che, come tutti sanno, ha costituito lo scoglio su cui è naufragata la legislatura. Al secondo comma dell’art. 1° la Costituzione italiana afferma: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Le forme con le quali (sempre secondo la Carta) il popolo manifesta la propria volontà sono: a) l’esercizio diretto della sovranità attraverso il referendum abrogativo (art. 75); b) l’esercizio quasi diretto costituito dal referendum condizionato sulle leggi di revisione della Costituzione (art. 138 2 e 3 comma); c) l’esercizio indiretto materializzato nell’elezione dei membri del parlamento (art. 56 e seguenti) e in tutti gli altri casi in cui si prescriva l’elezione di rappresentanti. In questa terza forma la volontà del popolo sovrano si manifesta attraverso un mandato conferito a dei mandatari (gli eletti). Secondo ragione (e mi piacerebbe conoscere chi fosse disposto a sostenere il contrario) l’esercizio diretto di una funzione deve prevalere sempre su quello indiretto: nel senso che in caso di concorrenza il primo ha la precedenza sul secondo. Ora è proprio di questo elementare criterio giuridico che si sono dimenticati i parlamentari, quando hanno confezionato (molto in ritardo e molto di malavoglia) la legge 25 maggio 1970 n° 352 destinata a regolare l’esercizio del referendum e prevista dall’ultimo comma dell’art. 75 della Costituzione. I parlamentari – infatti e in primo luogo – hanno ignorato che la Carta (come si è già visto) vuole l’esercizio della sovranità popolare “nelle forme e nei limiti” della Costituzione e non della legge: ponendo così dei limiti molto ristretti alla discrezionalità di chi avrebbe dovuto confezionare la legge prevista dall’art. 75. Poi nel merito i parlamentari hanno violato nettamente la gerarchia delle forme di manifestazione della sovranità quando hanno sbrigativamente sottoordinato le esigenze di attuazione di una prova referendaria (esercizio diretto) alle esigenze del rinnovo del Parlamento (esercizio indiretto). Difatti l’art.31 della legge stabilisce che “non può essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per le elezioni di una delle Camere medesime”. E l’art. 34 della stessa legge (divenuto famoso) prescrive che “nel caso di anticipato scioglimento delle Camere o di una di esse, il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso all’atto della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica di indizione dei comizi elettorali per l’elezione delle nuove Camere, o di una di esse. I termini del procedimento per il referendum riprendono a decorrere a datare (addirittura) dal 365° giorno successivo alla data della elezione”.L’orientamento ostile all’esercizio diretto della sovranità popolare si riscontra infine nell’art. 38 della legge ove si ordina che, qualora l’esito di un referendum risulti contrario all’abrogazione di una legge non possa proporsi una nuova prova referendaria sulla legge stessa “prima che siano trascorsi cinque anni”. Si pensi all’eventualità di una legge che si sia salvata per il rotto della cuffia (è un po’ il caso del finanziamento pubblico dei partiti): perché sottrarla al reiterato giudizio popolare, “ibernandola” per cinque anni? La conclusione è che (come ho sostenuto in un’intervista televisiva ) la legge del 1970 è contraria allo spirito della Costituzione, e c’è ben altro da fare nei suoi riguardi, che accorciare la sospensiva dell’art. 34. Nel congegnarla i parlamentari hanno (abusivamente) privilegiato il momento (e l’interesse) della loro legittimazione a governare: si sono sentiti e si sentono sempre come i veri ed unici sovrani. Perciò è necessario capovolgere l’ispirazione di quella legge: facendo sì che quando il referendum è stato correttamente introdotto, la sua attuazione goda del diritto di precedenza sulle prove elettorali: il semaforo rosso deve scattare per le elezioni politiche, non per il referendum. Certo, Bisogna riconoscere che l’ostilità verso l’esercizio della sovranità popolare viene da lontano. Nella mia Repubblica migliore ho individuato l’origine di tale scetticismo negli stessi ambienti della Costituzione, quando perfino Arturo Carlo Jemolo esortava un paese come questo, “privo di grande educazione politica” a rinunciare alle prove referendarie. Insomma, proprio mentre ci si vantava di rifondare la democrazia si proclamava la stupidità congenita del popolo.
E si approdava così al risultato finale di una gigantesca contraddizione. Perché mai il popolo sarebbe un povero incapace quando qualcuno cerca di fargli esprimere direttamente il suo giudizio su un problema di rilievo, e diventerebbe invece fonte di saggezza quando viene costretto a scegliere e a legittimare chi dovrà governarlo? Se non si tiene ben fermo il principio della sovranità (volontà) popolare, perché mai io cittadino dovrei riconoscere e accettare l’autorità e le decisioni dei membri eletti del Parlamento? Il loro potere si fonda forse sul caso, o sulla forza? Intendiamoci: sono pronto a dimostrare che, nei fatti, le cose vanno proprio così, ma qui io sto facendo un discorso concernente la legalità e il rispetto della Costituzione: non osservare queste forme vuol dire accettare la legge della giungla. Quanto ho scritto fin qui non vuol dire, naturalmente, che l’istituto referendario – come delineato dalla Carta – sia soddisfacente. In modo particolare, l’averlo ristretto alla sola funzione abrogativa non solo costringe chi lo pratica a proporre quesiti contorti e fuorvianti, ma rende anche oscura la sua funzionalità e compatibilità rispetto ai programmi e agli impegni di governo. …Coloro i quali, un giorno, saranno chiamati a riscrivere la Costituzione, dovranno tener conto anche di questa disfunzione. Ma – mi preme rilevarlo subito con la massima chiarezza – non dovranno mirare a ridurre lo spazio del referendum, bensì a muoversi in senso del tutto contrario. Qualche giorno fa il segretario del Partito repubblicano ha contrapposto alla diffidenza sua, e del suo partito, l’istituto referendario, una esplicita difesa della sovranità del Parlamento e del primato del mandato rappresentativo. E il segretario della Democrazia cristiana ha mostrato di apprezzare tale posizione. Ci duole doverlo affermare, ma questi sono atteggiamenti di pura e sterile conservazione. La rivoluzione che, da un ventennio a questa parte, sta accelerando in misura impressionante la produzione e la trasmissione delle informazioni, promette ormai di liquidare, entro qualche decennio, le secolari procedure su cui si basa l’istituto parlamentare.L’idea che le preferenze dei governati possano manifestarsi normalmente soltanto per il tramite di rappresentanti e che la volontà dei primi debba prendere necessariamente la forma di un’adesione (consenso) alle “verità” proposte dai candidati al potere, questa idea sta per uscire dalla storia. Perché spezza il legame fra legittimazione del governante e ricognizione delle opinioni dei governati. Fra poco tempo (nei paesi civilmente avanzati) i cittadini non solo potranno “votare”, o esprimere il loro parere su una quantità di argomenti standosene a casa loro, in tempo reale e senza farsi stordire da arcaici riti comiziali, ma saranno in grado di riconoscersi, di raggrupparsi e “corporarsi” autonomamente anche a grandi distanze e soprattutto di contarsi, indipendentemente dalle iniziative dei pubblici poteri. Le “elezioni” le farà ogni cittadino e le tecniche di potere politico dovranno cambiare radicalmente: un’età e un’arte di governo, cominciate con i missi carolingi, arriveranno alla loro fine. Altro che far la guerra ai referendum.” (G. MIGLIO)

 

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LE PETIZIONI

 

Le PETIZIONI sono legittimi strumenti giuridici in grado di smascherare i rappresentanti dei partiti sul tema dell’appartenenza e dell’esercizio della Sovranità popolare e sul diritto naturale dei cittadini a regolare i loro rapporti sociali deliberando, legittimando o delegitttimando direttamente le loro leggi, nella reciprocità e nel loro legittimo interesse.

Per questa ragione di seguito forniamo i riferimenti normativi sulle Petizioni in relazione alla richesta di introdurre negli Statuti dei Comuni delle Regioni e nella Costituzione i Referendum deliberativi di iniziativa popolare senza quorum che sono il fondamento del cambiamento da Stato a Federazione.

Il diritto popolare di referendum non è soltanto un mezzo di conservazione ma un mezzo di partecipazione diretta della popolazione alle cose amministrative e politiche sue; un modo, anche, di impedire il formarsi delle oligarchie dei partiti. [13]

Quanti guai, quante tasse, quanti delitti di Stato e quanti sacrifici e miseria ci saremmo risparmiati se i Referendum di iniziativa popolare senza quorum avessero avuto carattere deliberativo come in Svizzera !!!

Il principio del Referendum di iniziativa popolare è una forma diretta di controllo giuridico sui appresentanti perché quando sbagliano o non fanno gli interessi del popolo sovrano, i cittadini possano correggerli costringendoli a rispettare la volontà della maggioranza degli aventi diritto al voto.

Nostro compito è smascherare chi NEGA la sovranità delle scelte democratiche dei cittadini e dei popoli. Una volta perseguito questo scopo ognuno si regolerà secondo la sua coscienza e consapevolezza civile e di progresso per il bene comune.
Le risposte obbligatorie che i rappresentanti sono tenuti a dare per legge alle Petizioni presentate da uno o più cittadini, metteranno in luce gli statalisti che negano al popolo la sovranità delle leggi per diritto naturale INVIOLABILE, INIENABILE E IMPRESCRITTIBILE.
Noi crediamo che per cambiare sia necessario diffondere il contenuto di questo piccolo libro che illustra in modo estremamente sintetico   la strada da seguire per aprire la porta a un durevole e vantaggioso cambiamento della forma di governo, nella piena consapevolezza di ciò che desideriamo affermare politicamente nel nostro interesse e in quello delle future generazioni.

 

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La Carta Europea delle autonomie locali.

Entrata in vigore: 1 settembre 1988; in Italia il 1 settembre 1990.


La lettura attenta di quanto segue permette a ogni cittadino di buona volontà, sia personalmente, sia in gruppo, di presentare al sindaco del proprio Comune e ai consiglieri comunali, regionali e al Parlamento, PETIZIONI su tutto ciò che riguarda le rispettive competenze e funzioni. La risposta alle Petizioni deve essere data dal Comune nel termine di 90 giorni.

Art. 6  della legge 8 giugno 1990 n.142, Ordinamento delle autonomie locali. Partecipazione popolare:

  1. 1. I comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale, anche su base di quartiere o di frazione. I rapporti di tali forme associative con il comune sono disciplinati dallo Statuto.
  2. Nel procedimento relativo all’adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell’osservanza dei principi stabiliti dalla legge 7/ 8/1990, n. 241.
  3. Nello Statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere altresì determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere altresì previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
  4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali”.Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267: “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”. (Vigente).

    Art. 8 – Partecipazione popolare :

 

  1. 1. I Comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto.
  2. Nel procedimento relativo all’adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo Statuto, nell’osservanza dei principi stabiliti dalla legge 7/8 1990, n. 241.
  3. Nello Statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
  4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.

 

Come procedere per avviare la richiesta di riforma dello Statuto comunale mediante Petizioni sulla Sovranità popolare e i Referendum deliberativi di iniziativa popolare senza quorum.

Di seguito elenchiamo in forma schematica i passi da seguire per presentare nel proprio Comune la Petizione per introdurre nello Statuto comunale la Sovranità popolare e i Referendum deliberativi. La prima cosa da sapere è che attualmente l’elaborazione e la modifica degli Statuti dei Comuni italiani sono di esclusiva competenza dei singoli Consigli comunali. È perciò necessario procurarsi lo Statuto del Comune di residenza e il relativo Regolamento applicativo (ove esiste).

  • Indicazioni e suggerimenti:
  • Il Comune ha l’obbligo di fornire gratuitamente entrambi i documenti che spesso si trovano pubblicati nei siti internet.
  • In caso di rifiuto da parte del dipendentee comunale (rarissimo ma possibile), presentare una domanda scritta al sindaco e per conoscenza al prefetto e al tribunale denunciando il rifiuto.
  • Sebbene la Carta europea della autonomie locali riporti chiaramente che le Petizioni possono essere presentate da cittadini singoli o associati, è preferibile farle sottoscrivere dal maggior numero possibile di cittadini aventi diritto al voto residenti nel Comune in cui si presenta la Petizione.
  • Leggere con cura lo Statuto del Comune, selezionando i principi generali che si riferiscono alla partecipazione dei cittadini alla vita della Comunità e gli articoli che prevedono le petizioni, le proposte e il referendum.
  • Indicare nella Petizione, firmata dai Cittadini e da presentare al Sindaco perché la sottoponga al Consiglio comunale, gli articoli di riferimento dello Statuto (es.: art 3 – Principi) a cui ci si riferisce, o dei quali si propone la modifica.
  • La Petizione può essere presentata anche da un consigliere comunale che ne condivida lo spirito. In questo caso, essa è trasformata in Proposta di delibera consiliare da sottoporre a referendum di iniziativa popolare mediante referendum deliberativo senza quorum.
  • Per la raccolta delle firme si suggerisce di fare dei banchetti in occasione dei mercati, delle feste e delle manifestazioni di qualsiasi tipo.
  • Si ricorda che i banchetti per la raccolta delle firme devono essere autorizzati comunicando per iscritto al comando della polizia municipale il luogo in cui il banchetto sarà effettuato, la data e l’ora di inizio e di fine e giustificandolo con la dicitura “raccolta firme per la presentazione al sindaco di una Petizione popolare” oppure ”proposta di delibera d’iniziativa popolare”.
  • Ricordarsi di portare sempre con sé ai banchetti la lettera di autorizzazione della polizia municipale.
  • All’atto della firma della Petizione da parte dei cittadini residenti, indicare nella domanda gli estremi della carta di identità o di documento legale che indichi il luogo di residenza, la data e il luogo di nascita.
  • Tenere presente che alcuni Comuni si sono già dotati di uno strumento referendario, ma che questo è indicato nello Statuto come “abrogativo”, “propositivo”, “consultivo” o similari, in modo da lasciare sempre agli eletti l’ultima parola o porre ostacoli alla sua esecuzione col preciso scopo di sottrarre ai Cittadini la possibilità di ricorrere alla consultazione popolare. Non lasciatevi ingannare: un referendum così definito è inteso a disattendere il pronunciamento dei Cittadini sovrani per dare di fatto l’ultima parola ai rappresentanti dei partiti locali per spartirsi le assegnazioni di lavori dei voti o altro.
  • Il deposito del documento contenente la Petizione e le relativa firme va fatto all’Ufficio Protocollo del Comune di ……….., avendo cura di farsi timbrare una copia con gli estremi dell’iscrizione a protocollo.

 

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Testo di Petizione al Sindaco e al Consiglio comunale

 

Esempio pratico che può essere fatto in tutti i Comuni da ogni cittadino di buona volontà o da gruppi di cittadini aventi diritto al voto.
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Comune di   ………….. Data …………..

Al Sindaco del Comune di ………….… E p.c. ai membri del Consiglio comunale.

Petizione

Ai sensi dell’art. ….. dello Statuto del Comune di ………………….. tesa ad attivare l’iniziativa degli organi del Comune su questioni di interesse collettivo a norma dell’art. ….…. dello Statuto comunale.

Oggetto della Petizione:

Modifiche statutarie per la realizzazione di forme di Autogoverno e di Democrazia diretta equilibrata con la Democrazia rappresentativa, in armonia con la Carta Europea delle Autonomie Locali, con la legge 8 giugno 1990, n°. 142, denominata “Ordinamento delle autonomie locali” e con la legge 6 agosto 1999 n°. 265 art. 3 comma 3 e l’art. 8 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, . 8, comma 3.

Premesso: 

  • che la Sovranità del popolo preesiste allo Stato e che lo Stato italiano, in tutte le sue articolazioni (Comune di……….. compreso), appartiene ai Cittadini e non ai loro rappresentanti politici o altri enti come la burocrazia, la magistratura e i Prefetti;
  • che a conferma di ciò l’art. 1, comma 2 della costituzione sancisce: “la sovranità appartiene al popolo…” e che i “limiti” di cui al secondo comma dell’art. 1° al momento della discussione della bozza di costituzione nel 1947 erano riferiti alla forma Repubblicana e Democratica e dello Stato e che entrambe le forme di governo presuppongono l’appartenenza al popolo della “sovranità popolare”;
  • che appartenendo la Sovranità delle istituzioni a qualsiasi livello dello Stato ai Cittadini sovrani per diritto naturale inviolabile, imprescrittibile ed inalienabile, gli eletti a governare la Comunità hanno sempre il dovere di uniformarvisi qualunque essa sia;
  • che in un assetto veramente Federale della forma di governo, Democrazia diretta e Democrazia rappresentativa devono trovare il loro punto di incontro e di equilibrio nelle formazione, nella deliberazione e nella legittimazione della legge e che ai cittadini dev’essere sempre riconosciuto il potere di iniziativa di fare modificare o abrogare la legge e gli atti aventi valore di legge con potere deliberativo primario, nella libertà e nella diversità di opinioni e di scelte per il bene comune e senza assurdi ed ingiustificati vincoli burocratici o interpretazioni errate della magistratura, della burocrazia e degli organi istituzionali;
  • che i recenti risultati di molti referendum popolari a carattere nazionale sono stati allegramente violati dai partiti di regime;
  • che la sovranità popolare è un diritto naturale della persona e che non può essere alienata, limitata, violata o disattesa dagli organi rappresentativi e che pertanto il popolo può delegare ai rappresentanti solo la parte minore della sua Sovranità, restando sempre libero di modificare le regole della delega;
  • che agli articoli dello Statuto comunale concernenti l’iniziativa popolare e le consultazioni popolari, mediante referendum (artt. ……..) sanciscono testualmente ………… (inserire quanto indicato dagli articoli relativi a quanto può essere utile agli effetti della giustificazione della Petizione o proposta);

Considerato

che a distanza di oltre ….…….… anni dall’approvazione dello Statuto del Comune di …………… da parte del Consiglio comunale (citare la data), mai sottoposto all’approvazione o rifiuto dei cittadini aventi diritto al voto, niente è sostanzialmente cambiato nello Statuto per permettere loro, in quanto titolari della sovranità delle scelte che incidono sulla loro vita, di deliberare direttamente senza l’intermediazione del Consiglio comunale;

che il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, modifica la precedente normativa sui referendum e non specifica più in modo restrittivo il tipo di referendum che deve essere previsto nello statuto comunale,

noi

sottoscritti cittadini del Comune di…………………, in considerazione delle osservazioni sopra esposte e delle leggi indicate, con la presente Petizione (o Proposta di delibera),

chiediamo:

che nello Statuto del Comune di ………………. venga introdotto l’istituto giuridico del Referendum deliberativo di iniziativa popolare senza quorum per la validità del risultato e che l’iniziativa referendaria possa essere esercitata dai Cittadini sovrani per tutte le materie di competenza comunale, comprese quelle fiscali e le altre eventualmente escluse nel precedente Statuto (art. ….) in quanto palesi violazioni del principio inviolabile della Sovranità popolare e del suo esercizio diretto da parte degli aventi diritto al voto su tutti gli aspetti della vita sociale e politica della Comunità.

Chiediamo inoltre che in seguito alla presente richiesta di modifica statutaria, se approvata, il Consiglio comunale non possa deliberare contratti aventi per oggetto spese attinenti al tema oggetto dell’iniziativa popolare di referendum, nel periodo che intercorre fra la data di richiesta di referendum e la definitiva dichiarazione dei risultati della consultazione e relativa entrata in vigore. in fiduciosa attesa di una sua cortese comunicazione.

Per il Comitato promotore delle Petizioni, firmano:

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Le firme dei promotori della Petizione devono essere autenticate da un consigliere comunale o da un notaio.

Seguono le firme dei cittadini.

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Più consapevolezza

 

Giunti alla fine di questo tentativo volto a creare le condizioni politiche per la creazione e la legittimazione delle leggi da parte del popolo, dettato più dall’amore per la verità che dagli interessi personali, riteniamo che per passare dalle parole ai fatti ci sia una sola strada: diffondere la consapevolezza che ognuno ha la possibilità di presentare al Sindaco e al Consiglio del proprio Comune o al Presidente della Regione una PETIZIONE seguendo le indicazioni fornite. Per la maggiore diffusione delle informazioni resa possibile dalla tecnologia, il futuro aprirà per sempre la porta a cittadini che vogliono radunarsi intorno a centri d’interesse sociale e alla condivisione di processi aperti alla cooperazione spontanea, alla consapevolezza e alla reciprocità degli interessi comuni, al fine di organizzare spontaneamente dal basso un sistema di governo ottimale, sia avuto riguardo all’ambiente naturale interno, sia esterno.

La Federazione, se intesa come forma di governo contrattuale in senso politico ed economico fra individui e fra comunità è, a nostro avviso, la strada culturale e la scelta di coscienza individuale e collettiva pacifica che abbiamo il dovere di seguire, per permettere nel tempo l’avvento dell’Era delle federazioni di individui e di popoli diversi, ma uniti da contratti politici di garanzia per salvaguardare gli interessi, la difesa e il benessere comune.

Piuttosto che appiattirci all’interno di una collettività massificata, ingannata, umiliata e ridotta in condizioni di servitù politica, economica e fiscale dai partiti del regime rappresentativo, dobbiamo trovare il coraggio e la consapevolezza del valore e del potere che ogni individuo ha per legge di natura, per deteminare volontaria- mente il cambiamento del sistema di governo da Stato a Federazione. È il granellino di sabbia che ognuno ha il dovere di portare con passione e consapevole volontà di cambiamento alla costruzione dell’edificio comune dell’ordine sociale.
Per avviare l’era delle federazioni basterebbe la volontà e la determinazione di alcune migliaia di individui capaci di ignorare la civiltà costruita sulla base delle idee artificiali di potere, di dominio, di spoliazione e di onnipotenza, disposti ad affidarsi all’innata socialità e alla cooperazione spontanea e mutualistica alle quali il federalismo, in quanto forrma di governo democratico si richiama.

 

 … il ventesimo secolo aprirà l’era delle federazioni, oppure l’umanità ricomincerà un purgatorio di mille anni. Il vero problema da risolvere, in realtà, non è il problema politico, è il problema economico. Dico semplicemente che il governo federale, dopo aver riformato l’ordine politico, deve affrontare per complemento necessario una serie di riforme che agiscano nell’ordine economico.[14]

Per questa ragione molto probabilmente non dovremo aspettare migliaia di anni per vedere realizzato il sistema federale planetario a partire dalle prime unità federate.

A questo punto sarebbe necessario trovare gli enzimi culturali ed i mezzi finanziari in grado di costituire, organizzare e moltiplicare la nascita e la diffusione di piccole Comunità autogovernate per aprire l’Era delle federazioni immaginata da Proudhon e avviare la conquista sociale della Terra da parte di uomini liberi e responsabili davanti alla propria vita e a quella delle future generazioni.

Questo forse permetterebbe di riconoscersi in ognuno e in ogni cosa nell’uguaglianza e nella diversità, che sono aspetti del divenire della realtà politica ed economica in cui la legge nasce dal basso, dalle persone e dalle comunità, mai dall’alto, come oggi afferma la scienza.

 

… la logica del muro contro muro invece, in Svizzera è tutta un’altra cosa. Lì sì che si lavora insieme, lì sì che il federalismo trova la sua realizzazione. Già, ce l’abbiamo qui a due passi, la Svizzera con il suo federalismo più virtuoso, e non sappiamo nemmeno copiarla. Legga qui come funziona in Svizzera: i quattro partiti che prendono più voti e che sono diversissimi tra loro si mettono a lavorare insieme per il bene della collettività. E così che funziona e ha sempre funzionato in Svizzera. È così che si crea la cultura del rispetto. La Costituzione svizzera non comincia con l’articolo 1° ma comincia con cinque premesse e la premessa più interessante e significativa è: noi siamo diversi e vogliamo lavorare tutti insieme per un obbiettivo comune che è il benessere della collettività. Invece qui, nella Repubblica sovietica italiana la Costituzione ci viene a dire che siamo tutti uguali. Non è vero che siamo tutti uguali. È diverso un cittadino di Milano da uno di Siracusa, è diverso uno che è di destra da uno di sinistra. Ma la logica vorrebbe che si lavorasse insieme, che si collaborasse. Le sembra che stia dicendo un’eresia?[15]

Questo libretto è il granellino di sabbia che ognuno ha il dovere di diffondere con passione e consapevole volontà di cambiamento alla costruzione dell’edificio comune dell’ordine sociale italiano.

[1]E. O. Wilson, Sulla natura umana, Zanichelli, Bologna, 1980, p. 148.

[2]Titolo originale del libro: De Principatibus, “Sui principati”.

[3]     Abramo Lincoln, Discorso di di Gettysburg, 1863.

[4]Noam Chomsky, Due ore di lucidità, Baldini Castoldi Dalai Editore, Milano, p. 97.

[5]  D. J. Elazar, Idee e forme del federalismo, cit., p. 3.

[6]  P. J. Proudhon, Del principio federativo, cap. XI. cit.

 

[7]Il 1848 è anche l’anno in cui venne approvata la prima Costituzione Svizzera.

[8]La guerra del Sonderbund causò la morte di 93 soldati e il ferimento di altri 510. Il Sonderbund è il nome dato alle associazioni cattoliche che si battevano per ritornare all’Ancient régime, lo Stato assoluto.

[9]    P. J Proudhon, Della giustizia nella Rivoluzione e nella Chiesa, vol. 8°.

[10]    Idem, Del principio federativo, cap. VIII La costituzione progressiva.

[11]“Emergenza” non come pericolo immediato, ma come “Emergere da”.

[12]Art. 70 Costituzione: La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

[13] Edgardo Lami Starnuti: dai verbali dell’Assemblea Costituente.

[14]  P. J. Proudhon, Del principio federativo, cap. XI. cit.

[15]   Giancarlo Pagliarini, Il Giornale, intervista di Gabriele Villa, 23 marzo 2015.

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